La frazione di Molinello a Cesano Maderno deve il proprio nome alla presenza di un mulino, oggi non più esistente, che per parecchi secoli è stato un punto di riferimento per gli abitanti del posto: era il Molino Arese, o Molino Rotto. Vuoi conoscere la sua storia? Ti basterà proseguire la lettura di questo articolo.
Tutto quello che ti serve sapere
Molinello, Cesano Maderno e il Molino Arese
Il quartiere di Molinello a Cesano Maderno si è sviluppato, nel corso dei secoli, intorno a un edificio storico: il Molino Arese.
Del mulino originale, oggi, resta solo un antico e anonimo edificio situato nella strada di Cesano a cui ha dato il nome: via Molino Arese.

Si tratta dell’eredità delle “drastiche trasformazioni subite [dal mulino, nda] nel secondo dopo guerra, che ne hanno compromesso l’integrità architettonica” (per usare le parole di Daniele Santambrogio, autore di una importante monografia dedicata a questo argomento).
Eppure vale davvero la pena di conoscere il Molino Arese, scoprire dove si trova(va) e magari andare a vedere ciò che ne rimane nel corso di una passeggiata a Cesano Maderno: perché è un luogo così ricco di storia – e di storie – da far quasi sognare.
Molinello, Molinetto o Molino Rotto: le origini
Il piccolo mulino in origine era chiamato Molinello o Molinetto; ben presto, però, si aggiunse il soprannome Molino Rotto, segno – probabilmente – delle condizioni non ottimali in cui il complesso versava fino a inizio Seicento.
L’edificio si trovava nella parte orientale di Cesano, accanto al corso d’acqua della Roggia Viscontea: un canale artificiale che raccoglieva l’acqua del rio Acquanegra ad Albate e di altre sorgenti dell’alta valle del Seveso.

Dalla Brianza comasca, l’alveo della roggia si intrecciava con quello del Seveso fino a Camnago: qui il canale artificiale prendeva il nome di Seveso Nuovo o Sevesetto e continuava il proprio corso verso Desio, arrivando fino al fossato del castello visconteo (situato dove oggi c’è il giardino di Villa Cusani Tittoni Traversi) e proseguendo a sud di Desio, dove alimentava prati irrigui di Nova e Muggiò.

La roggia era stata escavata nel 1383 (o forse tra il 1360 e il 1370) per volere di Bernabò Visconti (da qui il nome di Roggia Viscontea). Nel 1409 era stata ceduta alla famiglia Fossano, e venti anni più tardi era passata a Francesco Rho, a cui la magistratura che sovrintendeva alle opere pubbliche del Ducato di Milano aveva attribuito il diritto esclusivo di gestire il canale.
Fu proprio Rho a far costruire alcuni mulini lungo la roggia. Per quanto riguarda il Molinello di Cesano Maderno, non si sa con certezza chi lo abbia fatto realizzare; Daniele Santambrogio ha ipotizzato che sia stata proprio la nobile famiglia dei Rho.
Quel che è certo è che la più antica testimonianza scritta che cita il Molinello (almeno, fra quelle conosciute ad oggi) si trova nelle Grida Provvisionali che il 29 ottobre del 1539 Bartolomeo Arese senior emanò sui propri beni di Cesano: in questo documento si fa riferimento a un campo situato in località “ad Molandinum Ruptum”. Ciò dimostra che il mulino esisteva già nella prima metà del Cinquecento.
Allo stesso periodo risale la menzione di una “strada al Molendino Rotto” (corrispondente con tutta probabilità all’attuale via Molino Arese) e di un altro tracciato stradale campestre: il “sentero molinario”, (forse da individuare nelle odierne via Verbano e via per Desio), corrispondente all’antica alzaia della roggia.
L’edificio tardo medievale del Molino Rotto che rappresentava il nucleo antico del Molinello di Cesano Maderno era un caseggiato di dimensioni contenute, destinato a essere ampliato nei secoli seguenti.
I passaggi di proprietà
Il 30 gennaio del 1604 il conte Alessandro Rho e suo figlio Luigi, proprietari del mulino cesanese benché residenti a Milano presso la parrocchia di San Babila, cedettero l’edificio a un altro milanese, Giovanni Maria Besozzi, per una somma di 2mila lire imperiali.
Sulla camicia dell’atto di vendita si faceva riferimento alla vendita “d’un molino sito nel territorio di Cesano detto il Molino Rotto, con due ruote, et un luogo contiguo a detto molino, coi suoi superiori, mole, et utensilij, con la facoltà, et uso dell’acqua della Roggia di Desio”. Il Besozzi, dunque, con questo affare ottenne non solo il sito molitorio, ma anche i diritti di utilizzo delle acque della roggia.
L’atto di vendita citava anche il mugnaio che al tempo conduceva il mulino per conto dei Rho: si chiamava Giovanni Ambrogio de Villa, e – secondo contratto – due volte all’anno aveva l’obbligo di consegnare ai proprietari undici moggia di mistura macinata di miglio e segale, nei mesi di agosto e gennaio.
Il 26 gennaio del 1607 Besozzi vendette il mulino e i diritti sulle acque della roggia al milanese Giovan Giacomo Prata, sempre a un prezzo di 2mila lire imperiali; Villa fu confermato come “molitor”, vale a dire mugnaio.
Già due anni più tardi, comunque, Prata cedette il mulino – su richiesta del conte Luigi Rho – a un altro milanese, Gabriele Bugatto, alla solita cifra di 2mila lire imperiali.
Il 13 novembre del 1615, Andrea e Paolo Camillo Bugatti, fratelli di Gabriele (nel frattempo defunto), furono obbligati a riconsegnare il mulino al Prata, non avendogli mai versato la somma concordata per l’acquisto né i relativi interessi.

La famiglia Arese
Nel giro di poche settimane, però, Prata – nel frattempo non più residente a Milano ma a Desio – si liberò nuovamente del mulino, cedendolo questa volta al nobile Marco Maria Arese, a un prezzo di mille lire imperiali.
Mecenate e committente di opere d’arte, Marco Maria Arese era figlio di Benedetto Arese e Virginia Medici d’Ossona, e apparteneva al ramo cadetto della casata Arese: quella che nel 1666 avrebbe ottenuto il titolo di conte di Barlassina e che a metà Settecento avrebbe dato origine alla famiglia Arese Lucini grazie al legame con i conti Lucini.
Figura di rilievo nel Ducato di Milano dal punto di vista amministrativo e politico, Marco Maria Arese era cugino di Giulio I Arese, conte di Castel Lambro e Presidente del Senato di Milano: colui che diede il via alla realizzazione di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno.
Marco Maria Arese, invece, probabilmente contribuì alla costruzione – sulla piazza detta del Pasquè – di quello che oggi è noto come Palazzo Arese Jacini, e che all’epoca rappresentava l’altra residenza di campagna della famiglia Arese a Cesano.
Con l’atto di vendita sottoscritto il 17 dicembre del 1615 fra Giovan Giacomo Prata e Marco Maria Arese, il mulino divenne ufficialmente Molino Arese. Da questo momento in poi, il toponimo Molino Rotto fu abbandonato.
Dall’atto di acquisto sappiamo che l’edificio era in condizioni pessime (“la maggior parte tutti rovinati cascate per terra le murade d’essi senza coppi legnami et senza rodigini, ne mole”): evidentemente era stato trascurato durante la proprietà Bugatti, ma è probabile che neppure i proprietari precedenti si fossero occupati della sua manutenzione.
Dietro tutti quei passaggi di proprietà, infatti, c’erano prestiti di denaro fra rappresentanti del patriziato milanese: il complesso del mulino (di cui facevano parte anche l’abitazione del mugnaio, un orto, un frutteto e un’aia) veniva considerato una mera merce di scambio.
Insomma, il mulino di cui il nobile Arese era entrato in possesso era a dir poco trascurato, e in condizioni di degrado: eppure per lui quello rappresentava un investimento conveniente, anche perché all’epoca a Cesano non esistevano altri mulini, e per macinare granaglie si era obbligati a raggiungere i mulini della valle del Seveso o andare a Desio. La macinazione, dunque, avrebbe garantito profitti importanti.
Da quando entrò a far parte dei possedimenti degli Arese, il Molinello divenne un importante punto di riferimento per il territorio di Cesano grazie alla sua redditizia attività molitoria, che si sarebbe prolungata per oltre tre secoli.
Da un atto di inizio Ottocento sappiamo che all’epoca il complesso era formato da due ruote e due polpari (cioè le casse in legno all’interno delle quali cadeva il macinato proveniente dalle macine). Al pianterreno c’erano una piccola cantina e una cucina; il portico in cortile era coperto da un tetto in paglia, che proteggeva la cisterna in cui era contenuta l’acqua. A monte del nervile (l’incastro con le chiuse che faceva muovere le ruote) c’era un ponticello che fungeva da collegamento fra il cortile del mulino e la strada per Desio.

Intorno alla metà del XIX secolo l’amministrazione Arese Lucini, in seguito alla morte del conte Giovanni Pietro Arese Lucini, affittò il mulino a Giuseppe e Angelo Sala, due mugnai provenienti da Sovico e che avevano già maturato esperienza nell’attività molitoria nei mulini lungo il Lambro (sia a Sovico che a Canonica di Triuggio).
Il contratto imponeva ai Sala di piantare a proprie spese 40 gelsi nei primi tre anni di locazione, di occuparsi della manutenzione interna, di curare e potare le piante e di vigilare su possibili abusivismi sulla roggia. Eventuali danni provocati da calamità naturali non sarebbero stati risarciti.
L’accordo iniziale aveva una durata di nove anni; ma in realtà la famiglia Sala svolse la propria attività al Molino Arese per quasi un secolo.
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Nel 1895, la proprietà dell’impianto passò dalla famiglia Arese Lucini al conte Giberto VII Borromeo Arese. Poco cambiò: i Borromeo continuarono a farvi macinare cereali per diversi decenni.
Il Molinello a Cesano Maderno nel Novecento
All’inizio del Novecento, al pianterreno del Molinello la famiglia Sala aprì un’osteria (che sarebbe rimasta operativa fino alla fine degli anni Cinquanta): qui trovavano accoglienza i clienti del mulino che dovevano aspettare che i loro cereali venissero macinati e trascorrevano il tempo mangiando, bevendo o giocando.
Negli anni Dieci il Molino Arese fu dotato di due ruote in ferro, in sostituzione delle ruote idrauliche usate fino a quel momento, oramai vetuste. Le ruote erano azionate grazie al battente idrico creato da due paratie in legno affiancate e al salto idraulico di tre metri compiuto dalla roggia, con il flusso di acqua che veniva deviato verso una o l’altra ruota. Le ruote, collegate alle macine, erano utilizzate a seconda di ciò che si doveva macinare: mais o frumento.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la famiglia dei mugnai Sala acquisì il complesso.

All’epoca, a monte del ponte sulla roggia erano presenti due grandi pietre da lavandaia, meta delle donne di Cassina Savina che raggiungevano il Molinello apposta per lavare i panni. Il canale, proveniente dalla Cascina Moriggiola, incontrava un ponte che collegava il cortile del Molinello con un prato, pertinenza dell’osteria, dove c’erano un campo da bocce, tavoli in pietra e un berceau di glicine e vite.

Nel 1947, tuttavia, la roggia di Desio fu chiusa per sempre.
Dopo pochi mesi, vennero smantellate e demolite sia le ruote che le paratie in legno del mulino, la cui attività poté comunque continuare grazie a un motore diesel elettrico.
Nel 1950, infine, l’attività molitoria si concluse definitivamente, e i Sala si trasferirono nel centro di Cesano.
Le macine vennero seppellite sotto il pavimento dell’edificio, insieme con altro materiale di demolizione, al fine di innalzare il livello dei locali, destinati a diventare abitazioni private.
Da quel momento in poi, l’edificio fu sottoposto a modifiche che ne alterarono significativamente l’aspetto.
Ecco perché oggi dell’antico Molino Arese resta poco: ha mantenuto l’aspetto originale unicamente la parte di caseggiato che si affaccia su via Molino Arese, probabilmente realizzata a metà dell’Ottocento (proprio qui c’erano i locali dell’osteria della famiglia Sala).
Sulla facciata si intravedono le tracce di un’immagine votiva della Vergine Assunta, mentre è svanita l’iscrizione che compariva sopra l’ingresso: “Molino Arese, frazione di Cesano Maderno, Distretto V di Barlassina, provincia di Milano”.

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Infine, mi preme segnalarti che per la redazione di questo articolo ho utilizzato informazioni contenute (anche) nella monografia Il Molino Arese dei Quaderni di Palazzo Arese Borromeo, scritta da Daniele Santambrogio per l’associazione di volontariato culturale Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo: una preziosa fonte di notizie, curiosità e dati storici.
La ringrazio per questa piacevole sorpresa questa mattina. La storia che Lei ha raccontato riguarda la mia famiglia acquisita e quindi i miei figli che sono figli del nipote Renato di Giuseppe Sala e portano questo cognome.
Grazie per le informazioni , copierò l’articolo per il mio nipotino al momento unico discendete di quinta generazione.
Grazie per questo commento, davvero!