Antica residenza nobiliare di Minoprio, Villa Raimondi è oggi un luogo di formazione e istruzione. In questo post ti racconterò la storia di questo splendido edificio della Brianza comasca, ma non solo: ti svelerò anche i retroscena di un gossip risorgimentale che vide come protagonista Giuseppe Garibaldi. Prosegui la lettura se desideri saperne di più!
Tutto quello che ti serve sapere
Minoprio, Villa Raimondi: la storia
Villa Raimondi a Minoprio fu costruita dove – molto probabilmente – in precedenza esisteva un edificio di proprietà dei Della Porta, gli antichi feudatari di Vertemate. In seguito essa pervenne a una delle famiglie più ricche di Como, i Raimondi, che la utilizzarono come residenza di campagna e di caccia.

Le prime testimonianze documentali, risalenti al Cinquecento, fanno riferimento a un’abitazione su due piani con un cortile su cui si affacciavano anche una torchiera e una casa da massaro.
Il complesso, che faceva parte di una possessione agricola con finalità produttive, nel Seicento fu ristrutturato in modo che la casa potesse essere adattata alle necessità familiari.
All’inizio del Settecento, la villa si presentava come una casa da nobile con un giardino, una cascina, una stalla, un torchio, una cantina, un cortile con portico e gli appartamenti padronali.
Negli anni successivi, tuttavia, i locali della villa restarono inutilizzati, venendo trascurati.
Fu Pietro Paolo Raimondi, nel 1789, a decidere di rinnovare l’edificio padronale: a tale scopo contattò l’architetto di origini svizzere Simone Cantoni, soprannominato Cantòn Grigo, fra i più importanti esponenti del neoclassicismo in Italia.
Erede della tradizione dei magistri cumacini – la corporazione di artisti e costruttori attiva per diversi secoli tra il Canton Ticino e la Lombardia –, Cantoni all’epoca si era già occupato della Chiesa di Santa Maria Annunciata a Ponte Lambro.
Lavorando a Minoprio per la Villa Raimondi, ampliò il complesso con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica, e ne aggiornò i canoni estetici in sintonia con il gusto neoclassico imperante all’epoca presso l’aristocrazia lombarda.

Dopo la morte di Pietro Paolo Raimondi si susseguirono diversi passaggi di proprietà.

Negli anni Venti del Novecento, la villa apparteneva alla Società Anonima Minoprio per compera vendita di immobili, che nel 1926 la cedette all’avvocato e naturalista Enrico Sibilia.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, proprio grazie a Sibilia la dimora di Minoprio ospitò una parte del patrimonio della Biblioteca del Museo di Storia Naturale di Milano: un aiuto provvidenziale, visto che nell’agosto del 1943 i bombardamenti su Milano causarono un incendio dagli effetti devastanti per la biblioteca meneghina, con la perdita di quasi tutto il patrimonio librario che non era stato messo al sicuro.
Fu proprio Sibilia, in virtù della sua passione per la botanica e del suo interesse per le piante rare, a prendere la decisione di creare nella Villa Raimondi di Minoprio una scuola dedicata.

Egli, pertanto, nel 1962 donò la dimora e il suo grande parco alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde (Cariplo).
Il presidente della Cariplo Giordano Dell’Amore istituì la Scuola di Orto-floro-frutticoltura (Centro Lombardo per l’incremento della Floro-Orto-Frutticoltura – Scuola di Minoprio), prendendo come modello la scuola svizzera del Centre de Formation Professionnelle Nature et Environnement de Lullier, da cui giunse il primo direttore dell’istituto di Minoprio, Alfred Dufour.

La scuola nel 1980, in seguito all’acquisizione della proprietà da parte di Regione Lombardia, divenne Fondazione. Da residenza nobiliare, pertanto, Villa Raimondi si trasformò in un luogo di istruzione e formazione, mantenendosi tale fino ai giorni nostri.
Minoprio, Villa Raimondi: il parco
Il Parco Botanico di Minoprio conta più d 300 essenze arboree e collezioni di ortensie, rose, aceri giapponesi, peonie, camelie e azalee.
Molto particolari sono la serra mediterranea – con fichi d’India, ulivi, mimose e querce da sughero – e la serra tropicale – con palme tropicali, piante del caffè e gruppi di banani –.
Il parco può essere visitato in occasione delle aperture domenicali, anche tramite tour guidati: cliccando qui puoi verificare gli eventi in programma e gli orari di apertura.

Esplorando il parco in primavera, potrai osservare le meravigliose fioriture dei tulipani; in autunno, invece, saranno soprattutto i crisantemi coreani a colpire la tua attenzione.
Minoprio, Villa Raimondi: come arrivare
Villa Raimondi si trova a Vertemate con Minoprio, in viale Raimondi 54.

Se desideri raggiungerla e hai in mente di arrivare a Vertemate con Minoprio in auto, puoi lasciare la macchina nei parcheggi all’incrocio tra viale Raimondi e via Mantica.
Se scegli di arrivare a Vertemate con Minoprio in autobus, invece, puoi fare riferimento alle linee C60 o C85 e scendere alla fermata di viale Raimondi. Da qui percorri tutto il viale, lasciandoti la rotonda alle spalle, fino a raggiungere la villa.
Il matrimonio tra Giuseppina Raimondi e Giuseppe Garibaldi
Nella prima metà dell’Ottocento, tra gli esponenti della famiglia Raimondi che frequentavano la villa di Minoprio c’era il marchese Giorgio Raimondi Odescalchi Mantica.
Nato l’8 marzo del 1801, Giorgio – erede di un patrimonio consistente che includeva diverse ville e molti terreni – era un sostenitore di Giuseppe Garibaldi, e sin dal 1833 aveva sostenuto economicamente il movimento mazziniano, finendo – però – per indebitarsi.
Nel 1849, mentre re Carlo Alberto di Savoia ricominciava la guerra contro l’Austria, Raimondi – insieme con Pietro Nessi – instaurò a Como un governo provvisorio; poco dopo, tuttavia, fu costretto a trovare riparo in Canton Ticino, a causa di un ordine di arresto emanato dagli Austriaci.
Nel suo esilio svizzero, il marchese fu seguito dalla figlia Giuseppina (figlia dell’unione illegittima con Livia Giannoni) che all’epoca aveva appena otto anni.
Cresciuta in un ambiente permeato di sentimenti patriottici, Giuseppina abbracciò ben presto gli ideali risorgimentali. Nel 1859, durante la seconda guerra di indipendenza, appena diciottenne si dedicò al trasporto di stampe sovversive e armi con il suo calesse tra Como e il Canton Ticino.
Fu in questo contesto che la giovane Raimondi conobbe Garibaldi: all’epoca lui aveva cinquantadue anni ed era vedovo di Anita, morta dieci anni prima. Il primo incontro – era il 1° giugno del 1859 – avvenne a nord di Varese, e Giuseppina aveva il compito di comunicare al generale quale fosse la situazione di Como: per lui, fu amore a prima vista.
Quando poi Como venne liberata, Garibaldi venne ospitato dai Raimondi. Inizialmente la giovane nobile non sembrava ricambiare il sentimento di quell’uomo tanto più vecchio di lei, ma poi le cose cambiarono.
Così, nel novembre del 1859 Giuseppina si offrì in sposa a Garibaldi. Egli, colto di sorpresa, si dimostrò molto titubante: un po’ perché ufficialmente era già legato a un’altra donna, Battistina Ravello, che a maggio gli aveva dato una figlia; un po’ perché era intimorito dalla differenza di età.
Ma l’amore infine vinse, o più probabilmente fu decisivo l’annuncio fatto da Giuseppina il 29 dicembre: aspettava un figlio, e quindi era indispensabile sposarsi subito.
Il 24 gennaio del 1860, Giuseppe Garibaldi prese in moglie Giuseppina Raimondi nella chiesa del parco di Villa Raimondi a Fino Mornasco.
Ma… il matrimonio fìnì dopo poche ore.
Garibaldi, infatti, durante il pranzo di nozze si vide consegnare dal marchese Pietro Rovelli, colonnello e patriota, una lettera in cui si rivelava che Giuseppina aveva già una relazione con un altro uomo (lo stesso Rovelli, per altro, era stato amante della giovane donna, di cui era cugino).
Quell’uomo era Luigi Caroli, un giovane ufficiale bergamasco di famiglia benestante, che sin da ragazzo si era impegnato a favore dell’unificazione italiana e per questo era entrato nell’esercito di Vittorio Emanuele II.
Di fronte a un tale affronto, l’esito di quelle nozze fu inevitabile: Giuseppina venne ripudiata, sia dallo sposo che dagli ambienti patriottici.
La giovane fuggì in Svizzera con Caroli, che però dopo pochi mesi la lasciò; lei comunque portò a termine la gravidanza, ma partorì un bambino morto.
Nel frattempo Caroli chiese a Garibaldi di partire con le camicie rosse; poi di far parte dell’Esercito meridionale; infine di combattere sull’Aspromonte. In tutti e tre i casi, la risposta fu negativa. Nel giugno del 1865 morì in Siberia, dove il regime zarista lo aveva deportato perché, durante la rivolta polacca di due anni prima, aveva combattuto contro i russi, su suggerimento proprio di Garibaldi.
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Fu solo nel 1879 che Garibaldi chiese lo scioglimento per via giudiziaria del matrimonio con Giuseppina, sostenendo che la moglie al momento delle nozze fosse incinta di un altro. Il tribunale, però, non accolse la domanda. Le nozze furono comunque annullate nel 1880, per matrimonio “rato e non consumato”.
Così Giuseppina ebbe modo di risposarsi: il suo nuovo marito fu il patriota Lodovico Mancini.
La villa di Fino Mornasco in cui si celebrarono queste nozze travagliate è Villa Odescalchi Raimondi: oggi ospita appartamenti privati e non può essere visitata, ma solo ammirata da fuori.
Sempre in Brianza, a Birago, c’è la villa in cui Giuseppina Raimondi ha vissuto con Mancini fino alla fine dei suoi giorni.
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