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Cosa vedere in Brianza, Casa Maunier a Meda

Che cosa vedere in Brianza: 5 proposte

Che cosa vedere in Brianza per scoprire qualcosa di nuovo? Se hai voglia di una gita memorabile lontana dagli itinerari più tradizionali, leggi questo articolo: ti propongo cinque (più una) location particolari che non troverai in nessuna guida turistica, in un viaggio tra Nobel per la Pace, mercanti francesi, street art  e… Leonardo da Vinci!

Che cosa vedere in Brianza: Meda, i trompe-l’oeil di Casa Maunier

Sei curioso di sapere che cosa vedere in Brianza? A Meda, a pochi passi dal Santuario del Santo Crocifisso, si possono “spiare” i trompe-l’oeil dei resti di Casa Maunier.

I dipinti sono stati realizzati su uno degli edifici di servizio di Casa Maunier, quattrocentesca dimora signorile che è stata abbattuta negli anni ’50 del Novecento.

Cosa vedere in Brianza, Casa Maunier a Meda
I trompe-l’oeil che decorano uno degli edifici di servizio dell’antica Casa Maunier

Gli antichi affreschi riproducono archi, balaustre e colonne che delimitano un grande loggiato affacciato su un panorama lacustre.

Il nome Maunier deriva da quello di Giovanni Giuseppe Maunier, mercante marsigliese e fornitore dell’esercito napoleonico che nel 1798 acquistò i beni del Monastero di Meda, dopo che questo era stato soppresso proprio per effetto delle decisioni di Napoleone.

Maunier divenne ufficialmente proprietario dei beni del monastero l’11 novembre del 1798 (o, per usare la dicitura che si adottava allora, il 20 Brumaio).

Il governo effettuò una meticolosa perizia dei beni mobili e immobili del monastero, allo scopo di verificare che l’importo pagato dal commerciante transalpino fosse coerente con l’effettivo valore di ciò che era stato acquisito.

Il 17 aprile del 1799, infine, fu steso un verbale di compravendita ufficiale.

Maunier pochi giorni più tardi ripartì per la Francia, mentre Napoleone era impegnato con la campagna d’Egitto. Ma questa è un’altra storia…

Dove si trova

I trompe-l’oeil di Casa Maunier si trovano in via Palestro 3.

Se hai voglia di scoprire anche il resto del centro storico di Meda, puoi leggere il post qui sotto, che ti suggerisce dove andare (e anche dove fermarti a pranzo o a cena nei dintorni).

Che cosa fare a Meda: guida per turisti

Che cosa vedere in Brianza: Missaglia, Cascina Tegnoso e la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita

Se sei curioso di sapere che cosa vedere in Brianza lungo itinerari poco noti, il paese di Missaglia ti riserva ben due sorprese nelle località di Contra e Maresso.

L’edificio di Cascina Tegnoso a Contra sorge nel luogo in cui un tempo svettava un castello.

Contra, Cascina Tegnoso
Cascina Tegnoso

Fu proprio nel castello di Tegnoso, tra l’altro, che i nobili milanesi chiusero i propri tesori in occasione delle lotte del 1323.

Già nel 1315 era stato ordinato che tutti i castelli fossero abbattuti. Nel 1370, poi, fu emanato un nuovo decreto dello stesso tenore: “Nessuna persona o università osi edificare qualsiasi castello o fortezza in nessuna parte del territorio di Milano sotto pena della persona e della confisca… nessun suddito osi lavorare in costruzione e rifare castelli”. Fu così che il castello di Tegnoso venne demolito.

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Il nome Tegnoso vuol dire, forse, “terreno non fecondo, arido”.

Come ricordava Alberto Cappellini nel libro Missaglia. Memorie storiche, sul pendio del colle Tegnoso c’è un terreno soprannominato “Campo dei morti”, a ricordo della battaglia, avvenuta nel 1447, tra l’esercito della Repubblica Veneta e quello del Ducato di Milano.

A Cascina Tegnoso ha vissuto anche l’unico italiano ad aver vinto un Premio Nobel per la Pace: Ernesto Teodoro Moneta.

Nel 1875, infatti, Moneta sposò Ersilia Caglio, amica delle sue sorelle ed esponente di una famiglia milanese che viveva proprio in questo complesso. Egli dunque andò a vivere a Tegnoso, località a cui rimase legato per il resto della propria vita; nel 1880 diventò perfino sindaco di Contra e Maresso.

Per conoscere più da vicino la storia di Ernesto Teodoro Moneta e del suo legame con Missaglia, puoi leggere l’approfondimento che gli ho dedicato nel post qui sotto.

Ernesto Teodoro Moneta, un Nobel in Brianza

La Chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Maresso, invece, fu costruita nella prima metà del XIX secolo, e benedetta il 20 agosto del 1843.

Cosa vedere in Brianza, la Chiesa di Maresso
La Chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Maresso

A disegnarla era stato l’ingegner Luigi Taveggia, dopo che un precedente progetto di Francesco Medici era stato cassato a causa dei costi eccessivi che avrebbe comportato.

Tuttavia, ancora nel 1850 il parroco di allora Francesco Cimbardi non era riuscito a pagare interamente i lavori.

Per questo si rivolse al comune di Contra chiedendo un aiuto economico, che però gli venne negato: la risposta dell’amministrazione contrese del 15 giugno del 1855 fu che era solo Maresso a doversi fare carico della spesa, anche perché proprio Maresso era stata esclusa dal pagamento dei lavori necessari per costruire la chiesa di Missaglia.

Tra il 1918 e il 1920, poi, la chiesa venne ampliata, con i sassi provenienti dalla Valle Santa Croce e della cava di Usmate, prelevati e trasportati dagli abitanti dei residenti di Bernaga, di Valaperta e di Rimoldo.

Faustino e Giovita furono i santi che convertirono San Calogero, santo al quale era intitolata fin dal IX secolo una chiesa di Civate: ecco perché è stato ipotizzato che l’intitolazione della chiesa missagliese sia un retaggio dell’antico dominio del monastero benedettino di San Pietro di Civate, che nel XII secolo possedeva fondi a Maresso.

Cosa vedere in Brianza, la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Missaglia
L’interno della chiesa

All’interno della chiesa è ospitato un crocifisso risalente al XVI secolo, definito Crocifisso Miracoloso. Ad esso ci si rivolgeva, in passato, nei periodi di siccità per invocare l’arrivo della pioggia.

Fino alla seconda metà dell’Ottocento il crocifisso si trovava nella Basilica di Sant’Ambrogio di Milano.

Nel dicembre del 1869, però, Monsignor Francesco Maria Rossi, prevosto della basilica e vicario generale della diocesi milanese, lo donò alla popolazione di Maresso, forse in virtù dell’amicizia personale che lo legava al parroco locale, don Alessandro Bollati.

Come scritto sulla scheda situata in chiesa accanto al crocifisso, “i maressesi sono molto devoti del loro Crocifisso Miracoloso, e non mancano di attribuirgli speciali grazie, come ne fanno fede gli ex-voto e l’immancabile immaginetta che si trova in tutte le case di Maresso“.

Il crocifisso, probabilmente realizzato dallo scultore Giovanni Angelo Del Maino, fa parte di un trittico ligneo che comprende anche le statue della Vergine Maria e di San Giovanni, forse opera dell’intagliatore Andrea da Milano.

Il Crocifisso Miracoloso della chiesa di Maresso
Il trittico ligneo con il Crocifisso Miracoloso e le statue della Vergine e di San Giovanni

La Cappella del Crocifisso accoglie due dipinti di Ernesto Bergagna. Uno rappresenta Gesù nell’orto degli ulivi; l’altro raffigura La presentazione di Gesù al Tempio.

Il dipinto di Ernesto Bregagna nella chiesa di Maresso
La presentazione di Gesù al Tempio: Gesù bambino indossa una tonaca bianca e ha la testa circondata da un’aureola, mentre riceve i raggi dello Spirito Santo; è sostenuto da Maria, intenta a darlo in braccio al sacerdote

Dove si trovano

Cascina Tegnoso si trova in via Moneta 7 a Contra. La Chiesa dei Santi Faustino e Giovita, invece, si trova in piazza Chiesa a Maresso.

Per scoprire tutte le altre location da non perdere a Missaglia, invece, ti basta leggere il post qui sotto.

Che cosa fare a Missaglia: guida per turisti

Che cosa vedere in Brianza: Seregno, la Chiesa di San Carlo

Ecco un altro consiglio per chi vuol sapere che cosa vedere in Brianza: la Chiesa di San Carlo di Seregno, che ospita un bassorilievo che raffigura la Beata Vergine con il Bambino.

Realizzato in marmo bianco di Candoglia, il bassorilievo risale con tutta probabilità al Quattrocento ed è attribuito alla scuola di Leonardo da Vinci.

Chiesa di San Carlo a Seregno, il bassorilievo della Beata Vergine
Il bassorilievo della Beata Vergine

L’opera fu donata alla chiesa nel 1845 da un signore del posto, il Cav. Paolo Mantegazza, podestà di Monza tra il 1815 e il 1823 e poi ancora nel 1839.

Mantegazza era solito raggiungere San Carlo per trascorrervi periodi di riposo: qui aveva ereditato una villa e altri possedimenti nel 1822 dalla famiglia nobiliare dei Castelli.

Ma da dove arrivava questo bassorilievo? Lo apprendiamo dalla lapide murata realizzata a ricordo della collocazione:

QUESTO BASSO RILIEVO RAPPRESENTANTE
LA BEATA VERGINE FU ACQUISTATO DA PAOLO MANTEGAZZA
L’ANNO 1845. STATO RITROVATO NEL GIARDINO
POSSEDUTO ALTRA VOLTA
DA LEONARDO DA VINCI
FUORI DUE MIGLIA DI PORTA VERCELLINA
IL QUALE LO LASCIO’
AL SUO SCOLARE SALAINO
QUESTO SERVI’ DI MODELLO
A LEONARDO STESSO
PER LA SUA MADONNA DETTA DELLA GROTTA.

Secondo la lapide, il bassorilievo della chiesa seregnese sarebbe stato utilizzato da Leonardo come modello per dipingere la Vergine delle Rocce. La quale, quindi, sarebbe un’opera molto “brianzola”, se è vero – come si pensa – che il paesaggio sullo sfondo della Vergine è stato ispirato ai Tre Corni dell’Adda che si trovano a Paderno d’Adda.

Nel XIX secolo, poi, la scultura sarebbe stata ritrovata nella famosa vigna di Leonardo, cioè il vigneto che l’artista toscano aveva ricevuto in dono da Ludovico il Moro.

E lo “scolare Salaino” di cui parla la lapide chi è?

Qui c’entra un altro pezzo di Brianza: il Salaino, infatti, era l’allievo prediletto di Leonardo, ed era originario di Oreno (oggi frazione di Vimercate).

Il suo nome vero era Gian Giacomo Caprotti. Forse fu anche amante del genio toscano; quel che è certo è che, sin da quando era un bambino di 10 anni, fece spesso da modello per i suoi dipinti, ed è probabile che il suo viso androgino sia stato raffigurato anche per la rappresentazione di soggetti femminili.

È stato ipotizzato che il Salaino sia stato anche il modello per uno dei disegni più scandalosi di Leonardo: l’Angelo Incarnato, una giovane figura umana rappresentata nella sua ambigua nudità con i seni femminili e il membro maschile in erezione.

La Chiesa di San Carlo in cui è ospitato il bassorilievo si trova a Seregno. La frazione di San Carlo, tuttavia, è divisa a metà tra Seregno e Desio: città che, a sua volta, ha a che fare con il genio vinciano.

Cosa vedere in Brianza, la Chiesa di San Carlo a Seregno
La Chiesa di San Carlo di Seregno

Infatti, uno dei disegni di Leonardo da Vinci custoditi nella Biblioteca Reale di Windsor raffigura proprio Desio. O, per essere più precisi, raffigura due incendi che gli Svizzeri appiccarono a Desio nel 1511 mentre erano in ritirata da Milano.

Al tempo il papa Giulio II era a capo della Lega Santa che aveva l’obiettivo di scacciare dall’Italia i Francesi, che avevano occupato il Ducato di Milano. Per questo motivo, il pontefice aveva chiesto aiuto (anche) agli Svizzeri.

Ne partirono 25mila dai cantoni elvetici: “inculti barbari” secondo la definizione riportata nella Storia di Milano scritta da Giovan Andrea Prato patrizio milanese in continuazione e emenda del Corio dall’anno 1499 sino al 1519.

Il 14 dicembre gli Svizzeri si accamparono alle porte di Milano; ben presto, però, complici il freddo insostenibile e la strenua difesa della città da parte dei Francesi, cambiarono idea.

Snobbando papa Giulio II, ripiegarono verso casa, lasciando distruzione e incendi sulla strada del ritorno. Anche a Desio, appunto.

Il disegno fu realizzato proprio nel mese di dicembre del 1511, e Leonardo sarebbe stato testimone diretto degli eventi: forse da un torrione del Castello Sforzesco, o (meno probabilmente) da Vaprio d’Adda.

C’è chi ha ipotizzato che la scena raffigurata non riguardi Desio (distante circa 15 chilometri da Milano, forse troppo perché l’incendio potesse essere visto chiaramente), ma Niguarda e Bresso.

Di sicuro, però, sui disegni è presente l’indicazione di “Dexe”, interpretata come “Desio”, nella dicitura “adi’ 18 di decembre 1511 a hore 15 fu fatto questo secondo incendio da suizeri presso a Milano al luogo dicto Dexe”. Indicazione che, va detto, venne aggiunta in seguito da Francesco Melzi, uno degli allievi di Leonardo.

Dove si trova

La Chiesa di San Carlo si trova in piazzale Brunelleschi.

Ma Seregno è una città che ha anche tanto altro da offrirti per una passeggiata indimenticabile: dai un’occhiata al post qui sotto per sapere che cosa vedere (e dove mangiare) in città!

Che cosa fare a Seregno: guida per turisti

Che cosa vedere in Brianza: Cantù, il murale della filanda di Vighizzolo

A Cantù, sul muro di cinta dell’ex filanda (stabilimento di lavorazione della seta) di Vighizzolo, puoi ammirare un murale dedicato al baco da seta.

Il baco è rappresentato nel suo stadio larvale, nella sua fase adulta e nel corso della muta (come bozzolo).

Cantù, il murale della filanda di Vighizzolo
Il murale dedicato al baco da seta davanti all’ex filanda di Vighizzolo

Insieme con il lavoro nei campi, l’allevamento del baco da seta ha rappresentato l’attività principale svolta in Brianza tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

Il nutrimento indispensabile per i bachi da seta (i cavalér) era la foglia del gelso, ed è per questo che i paesaggi della Brianza rurale del passato erano dominati dai filari di gelsi.

Come ricorda Celestino Longoni nel libro Storia di Misinto, “la piantumazione del gelso risale all’inizio del 1500, quando Ludovico il Moro (da cui il nome ‘murùn’) stabilì con ordinanza ducale che in ogni 10 pertiche di terreno ci fossero almeno 5 ‘moroni’”.

In Brianza, quasi tutte le famiglie contadine si dedicavano all’allevamento dei bachi.

Con l’arrivo della primavera si disponevano i graticci ovunque ci fosse posto: nel solaio (il granè), sotto il porticato, in cucina e perfino in camera da letto.

Si trattava di un lavoro estremamente impegnativo, che comportava molta fatica e altrettanta attenzione perché delicatissimo.

Spostando i bachi da una tavola all’altra, occorreva rimuovere quelli morti o difettosi.

Il murale dell'ex filanda di Vighizzolo
Un’altra parte del murale di Vighizzolo, con i versi di una delle canzoni che erano solite intonare le donne che lavoravano nella filanda

Successivamente era necessario imbastire il bosco, dove i bachi sarebbero risaliti dopo essersi nutriti a sufficienza per realizzare il bozzolo (il galètt).

Per formare il bosco, ai piedi dei graticci venivano messi dei fascetti di paglia o di pianta di ravizzone.

Quando poi il bosco era pronto, cioè carico di bozzoli bianchi e gialli, si procedeva al passaggio successivo: la pulizia dei bozzoli – uno per uno – destinati a finire nella gerla in attesa di essere smerciati.

Purtroppo i risultati del raccolto non erano sempre soddisfacenti, nonostante i riti propiziatori previsti dalla tradizione contadina: per esempio il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio, si mangiava la polenta comedàda, cioè la polenta condita, lasciandone una fetta per il santo, che in questo modo avrebbe concesso la propria benedizione per lo sviluppo dei bozzoli (e la crescita del granoturco).

C’era, non a caso, un detto che recitava: “Tant fet, tant chili de galètt; tant bucun, tant gran de furmentun”.

Proprio la polenta era uno degli alimenti più presenti sulla tavola dei contadini, insieme con il pan de mei, il pane di miglio; invece la mica, che era il pane di frumento, era appannaggio quasi esclusivo dei signori.

Più frequente era il consumo del pane di granoturco, realizzato in forme larghe e rotonde e cotto nei forni pubblici. Con la farina che avanzava si preparava la carzènza, o brusèla, una schiacciata a base di farina gialla con cipolla e zucchero.

Dove si trova

Il murale dell’ex filanda di Vighizzolo si trova in via General Cantore 16.

Ma visto che a Cantù ci sono tante altre risposte alla domanda “che cosa vedere in Brianza?”, leggi il post qui sotto: scoprirai tutti i posti che meritano di essere visitati durante una passeggiata in città.

Che cosa fare a Cantù: guida per turisti

Che cosa vedere in Brianza: Muggiò, Palazzo Isimbardi

Se ti stai domandando cosa vedere in Brianza, puoi fare un salto anche a Muggiò per conoscere Palazzo Isimbardi.

Fu la famiglia dei nobili milanesi Isimbardi a far edificare questa residenza nella versione che possiamo ammirare oggi; la costruzione risale alla seconda metà del XVIII secolo, come dimostra la scritta 1783 che compare su una trave del sottotetto.

Cosa vedere in Brianza, Palazzo Isimbardi a Muggiò
Palazzo Isimbardi a Muggiò

Prima di questi lavori, in questo stesso punto sorgeva un altro palazzo, intestato all’aristocratico milanese Don Pietro Antonio Croce, che nel 1777 lo aveva lasciato in eredità alla figlia Margherita.

Margherita era sposata con il marchese Gian Pietro Isimbardi: i due decisero di rivoluzionare l’aspetto della dimora ereditata, in modo da conferirle l’aspetto caratteristico di una residenza settecentesca.

Oggi come allora, un grande cancello in ferro battuto separa la corte d’onore del palazzo dalla piazza, ora intitolata a Giacomo Matteotti e al tempo denominata Santa Corona.

Un portico a tre archi caratterizza la facciata principale; in passato dall’andito affrescato si poteva raggiungere il giardino all’italiana situato nella parte posteriore, che però oggi non c’è più.

Muggiò, Palazzo Isimbardi
L’ingresso del palazzo

All’interno, il primo piano ospita l’antico Salone delle Feste, che oggi è la sala civica di rappresentanza di Muggiò.

Proprio in questo edificio morì a soli 22 anni – il 27 dicembre del 1849 – Maria Isimbardi, moglie del marchese Giovanni D’Adda.

Per custodire le sue spoglie e per perpetuare il suo ricordo, Giovanni commissionò agli scultori Lorenzo e Vincenzo Vela e all’architetto Giuseppe Balzaretti la costruzione di una cappella: è la Cappella Vela, che si trova ad Arcore accanto all’ingresso del parco di Villa Borromeo D’Adda.

Maria, due anni prima di morire, aveva dato alla luce Emanuele D’Adda: l’ultimo discendente della famiglia, dopo il quale il ramo degli Isimbardi di Muggiò si estinse.

Emanuele ad appena dodici anni rimase orfano anche di padre, e a diciannove partì volontario con i cavalleggeri di Aosta dopo lo scoppio della guerra.

Nel 1875 si sposò con Beatrice Trotti Bentivoglio, proprietaria tra l’altro di Villa Passalacqua Trotti a Mariano Comense: fu proprio lei a darla in affitto all’amministrazione comunale del paese comasco per destinarlo a sede del municipio, dell’asilo e della scuola.

E Palazzo Isimbardi, invece? Alla fine del XIX secolo l’edificio venne venduto ai Gasparoli, una famiglia del posto. In seguito si trasformò in una semplice abitazione, non più nobiliare, con diversi vani dedicati alla bachicoltura.

Oggi Palazzo Isimbardi a Muggiò è una sede civica e di rappresentanza; Villa Passalacqua Trotti a Mariano continua a essere sede del municipio (e la via su cui si affaccia è intitolata ad Emanuele D’Adda); Villa Borromeo D’Adda è apparsa al cinema (nel film Domani si balla!, con Mariangela Melato) e in televisione, come location del programma Bake Off.

Dove si trova

Palazzo Isimbardi si trova in piazza Matteotti 5.

Partendo da qui, potresti concederti una passeggiata per le strade di Muggiò, scoprendo luoghi sorprendenti e incantevoli: leggi il post qui sotto per saperne di più!

Che cosa fare a Muggiò: guida per turisti





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