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Seregno, centro storico: Palazzo Landriani Caponaghi

Seregno: il centro storico

A Seregno il centro storico è la meta perfetta per una passeggiata in Brianza. Tra negozi, gelaterie e locali in cui sorseggiare un aperitivo, hai la possibilità di imbatterti in monumenti, chiese antiche, statue e tantissime altre location speciali che vale la pena di conoscere e ammirare da vicino. Te ne parlo in questo articolo.

Seregno, centro storico: il Palazzo del Vescovito

Potresti iniziare la tua passeggiata a Seregno nel centro storico da via Ballerini 23: qui merita di essere visto il suggestivo edificio in mattoni della Caserma dei Pompieri, costruita negli anni ’30 del Novecento su progetto di Ambrogio Silva.

La Caserma dei Pompieri di Seregno
L’edificio in mattoni della Caserma dei Pompieri

Lasciandoti la caserma sulla destra, percorri pochi passi e poi gira a destra in via Garibaldi: qui al civico 19 sorge il Palazzo del Vescovito.

Seregno, centro storico: il Palazzo del Vescovito
Il Palazzo del Vescovito

Si tratta di una torre molto particolare, con bifore a sesto acuto; sulla facciata si possono notare medaglioni in cotto con le raffigurazioni di volti umani.

Medaglioni in cotto su Palazzo del Vescovito
Dettaglio del Palazzo del Vescovito: due dei medaglioni in cotto sulla facciata dell’edificio

L’aspetto attuale del palazzo risale al XVIII secolo, ma probabilmente le origini dell’edificio sono molto più antiche.

La strada in cui ti trovi, via Garibaldi, in passato era conosciuta proprio con il nome di Contrada del Vescovito, odonimo derivato dal latino Vicus Episcopi, cioè “villaggio del vescovo”.

Frate Alessio da Seregno

Il vescovo a cui si faceva riferimento era con tutta probabilità frate Alessio da Seregno, che secondo la tradizione nacque proprio in questa contrada intorno al 1360.

Francescano dell’Ordine dei Frati Minori, frate Alessio ebbe modo di collaborare con l’arcivescovo di Milano Pietro Filargo, destinato a diventare papa con il nome di Alessandro V.

Divenuto vescovo di Bobbio nel 1405, fu trasferito quattro anni più tardi in Provenza, a Gap, ma già nel 1411 fu costretto a ritornare a Piacenza per volere di papa Giovanni XXIII (no, nessun errore: in seguito questo pontefice fu dichiarato antipapa, e così Angelo Roncalli nel Novecento poté assumere ancora il nome pontificale di Giovanni XXIII).

Frate Alessio non accolse di buon grado la decisione: in un primo momento oppose al trasferimento un rifiuto solo formale, che però non diede risultati; così giunse addirittura a schierare l’esercito a difesa di Gap, in modo da impedire l’ingresso del nuovo vescovo Laugerio.

Solo di fronte a una minaccia di scomunica, il vescovo seregnese depose le armi e accettò il trasferimento.

In seguito, egli testimoniò al Concilio di Costanza proprio contro Giovanni XXIII, che fu deposto perché accusato di scisma, scandalo e simonia.

Amico personale di Sigismondo, imperatore del Sacro Romano Impero, frate Alessio morì il 10 gennaio del 1447 (o del 1448), avvelenato per sbaglio da una medicina contaminata.

Seregno, centro storico: il Monumento ai Caduti

Lasciandoti il Palazzo del Vescovito alla tua destra, incamminati ora lungo via Garibaldi e vai sempre dritto, proseguendo la tua passeggiata in via Volta: dopo la curva a destra raggiungerai piazza Vittorio Veneto.

Questa piazza in passato era il nucleo del borgo medievale di Seregno, da cui di diramavano le strade più importanti della città.

Oggi ospita il Monumento ai Caduti di tutte le Guerre, realizzato da Alfredo Sassi tra il 1922 e il 1924 e inaugurato nel 1928.

Centro storico di Seregno, il Monumento ai Caduti
Il Monumento ai Caduti. Alla base sono riprodotte le parole del Bollettino della vittoria (Comunicato numero MCCLXXVIII), cioè il documento ufficiale con il quale il comandante supremo del Regio Esercito, il generale Armando Diaz, annunciava il 4 novembre del 1918 – dopo l’armistizio di Villa Giusti – la vittoria dell’Italia nella guerra e la resa dell’Austria-Ungheria:
La guerra contro l’Austria-Ungheria che sotto l’alta guida di S.M. il Re duce supremo l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il XXIV maggio MCMXV e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per XLI mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il XXIV dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantun divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea arditissima avanzata del ventinovesimo Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata all’armata nemica del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della settima armata e ad oriente da quelle della prima, sesta e quarta, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della dodicesima, dell’ottava, della decima armata e delle divisioni di cavalleria ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta terza armata anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale d’ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con intieri stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza

Sull’obelisco sono incisi i nomi dei caduti della Prima Guerra Mondiale, mentre quelli della Seconda Guerra Mondiale sono riportati sulle targhe di bronzo alla base del monumento.

I quattro lati raffigurano quattro temi differenti: la patria, la partenza per il fronte, la guerra, il ritorno.

La patria è riprodotta come una dea greca, intenta a sostenere il labaro che riporta le insegne di Roma.

La Patria nel Monumento ai Caduti
La personificazione della Patria con il labaro che riporta le insegne di Roma

La scena della partenza per il fronte mostra un uomo pronto ad andare in guerra: bacia una figlia, mentre un’altra figlia prova a trattenerlo per il pugnale. Ai lati, un trombettista e un veterano che invita l’uomo a non esitare.

La partenza per il fronte nel Monumento ai Caduti di Seregno
La scena della partenza per il fronte. La targa sottostante riporta la frase Vittoria! Splende il sangue dei martiri nel cielo. Gloria! tratta dalla tragedia La nave di Gabriele D’Annunzio

Il lato dedicato alla guerra è un omaggio a Giuseppe Augusto Mariani, seregnese Medaglia d’Oro al valor militare, che – ferito sul Carso – pur rimasto solo con la sua mitragliatrice continuò a incitare i commilitoni e a combattere fino alla morte.

Giuseppe Augusto Mariani
La scena della guerra, omaggio al seregnese Giuseppe Augusto Mariani. La targa sottostante recita:
A Giuseppe Augusto Mariani
gloriosa medaglia d’oro della guerra 1915-1918
Seregno grata e orgogliosa in nome dell’Italia
4 novembre 1959

L’immagine del ritorno, infine, propone i sentimenti contrastanti della città alla fine della guerra: qualcuno piange per i caduti che non sono tornati dal fronte, mentre un bambino ruba per gioco l’elmo del padre abbracciato da tutta la famiglia.

Il ritorno nel Monumento ai Caduti di Seregno
La scena del ritorno. La targa sottostante riporta il verso dantesco Con l’animo che vince ogni battaglia, tratto dal Canto XXIV dell’Inferno della Divina Commedia

Il murale Dancing Song Ballroom

Dalla piazza imbocca vicolo Pozzo per vedere, all’incrocio con via Martino Bassi, il murale Dancing Song Ballroom, realizzato nel 2021 dalla street artist Chiara Capobianco.

Il murale di Capobianco a Seregno
Il murale Dancing Song Ballroom

La Chiesa di San Vittore e la Torre del Barbarossa

Arrivato alla fine di vicolo Pozzo, gira a destra: ti ritroverai così in largo San Vittore.

In passato la stessa piazza Vittorio Veneto si chiamava piazza di San Vittore, poiché vi si affacciava una chiesa dedicata al santo, oggi non più esistente. Ne rimane traccia solo in un edificio che attualmente ospita un negozio, situato in quello che all’epoca era l’abside della chiesa.

Largo a San Vittore a Seregno
L’abside dell’antica Chiesa di San Vittore

All’antica Chiesa di San Vittore e alla sua storia ho dedicato un approfondimento: puoi leggerlo nel post qui sotto.

Centro storico di Seregno: la Chiesa di San Vittore

La torre campanaria della Chiesa di San Vittore era quella che adesso a Seregno tutti conoscono come Torre del Barbarossa.

Seregno, Torre del Barbarossa
La Torre del Barbarossa

Prima ancora di fungere da campanile, questa costruzione venne utilizzata come torre di avvistamento e di segnalazione, usata per comunicare con le torri di Cantù, Erba, Montevecchia e Vimercate.

Si pensa che in origine essa facesse parte di un grande complesso in cui si svolgevano le manifestazioni pubbliche, forse l’arengario da cui si leggevano editti e proclami, o di un piccolo castello.

Attualmente la torre è alta circa 40 metri, ma in origine lo era molto di più (lo hanno dimostrato le ricerche effettuate sulle fondamenta); si pensa che sia stata “accorciata” quando è diventata campanile della chiesa.

Il riferimento a Barbarossa nella denominazione della torre si spiega con le origini medievali della costruzione: era l’epoca in cui i Comuni si trovarono a lottare contro l’Impero.

Seregno, centro storico: la Basilica di San Giuseppe

Ora ritorna verso il Monumento ai Caduti e, da piazza Vittorio Veneto, gira a sinistra in corso del Popolo. In breve arriverai in piazza della Concordia, dove puoi osservare e visitare la Basilica di San Giuseppe.

Seregno, centro storico: la Basilica di San Giuseppe
La Basilica di San Giuseppe

Questa chiesa fu costruita nella seconda metà del Settecento per mettere fine alle controversie che per lungo tempo avevano visto contrapposte le due chiese del borgo di Seregno: la Chiesa di San Vittore, di cui ti ho parlato poche righe fa, e la Chiesa di Sant’Ambrogio.

Fra i parrocchiani di queste due chiese non scorreva buon sangue: risse e liti erano all’ordine del giorno, quasi si trattasse di tifoserie calcistiche dei nostri giorni.

Per questo l’autorità ecclesiastica, di concerto con il governo austriaco che allora esercitava il potere sul territorio milanese, decise di sopprimere le due parrocchie, demolendo le due chiese e facendone costruita una nuova, che da sola avrebbe dovuto unire tutti i seregnesi: ecco perché la piazza venne denominata “della Concordia”.

Piazza della Concordia a Seregno
L’effigie della Basilica di San Giuseppe raffigurata in piazza della Concordia

Oggi, sul timpano della facciata della basilica è possibile osservare le figure di San Vittore e di Sant’Ambrogio, con le chiese seregnesi a loro intitolate sullo sfondo, a ricordo di quella vicenda.

Seregno, centro storico: il timpano della Basilica di San Giuseppe
San Vittore all’estrema sinistra e Sant’Ambrogio all’estrema destra; dietro di loro, le antiche chiese di Seregno a loro intitolate

Per conoscere la storia della Basilica di San Giuseppe di Seregno e i dipinti che la impreziosiscono, comunque, puoi leggere il post qui sotto, interamente dedicato a questa chiesa.

La Basilica di San Giuseppe a Seregno

Seregno, centro storico: la statua di Umberto I  

Lasciandoti la basilica sulla sinistra, riprendi la tua passeggiata lungo corso del Popolo, fino ad arrivare in piazza Italia.

Qui è presente una statua dedicata al re Umberto I: fu realizzata dallo scultore Francesco Confalonieri e inaugurata nel 1903, dopo l’uccisione del monarca avvenuta il 29 luglio del 1900 a Monza per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, evento che aveva indotto alcuni seregnesi a costituirsi in un comitato spontaneo per promuovere l’erezione di un monumento in memoria del re.

La statua per Umberto I  a Seregno
La statua dedicata a Umberto I

Nel corso della sua vita, Umberto I era stato molto legato a Seregno: spesso, quando partiva dalla Villa Reale di Monza per le sue passeggiate a cavallo, si fermava a pregare nei pressi della croce campestre situata vicino alla Chiesa di San Salvatore.

Il re, inoltre, era amico di Cipriano Colli (già volontario garibaldino durante la terza guerra di indipendenza, e dal 1882 sindaco di Seregno) che era solito accompagnarlo in treno quando da Monza raggiungeva in treno il lago di Como per andare in villeggiatura.

Ancora, Umberto I apprezzava gli amaretti realizzati a Seregno dalla pasticceria Colombo, che sulla propria carta intestata riportava con orgoglio la scritta “Provveditore della Real Casa”.

Seregno, centro storico: la statua di Umberto I
La statua vista da un’altra prospettiva

Infine, una curiosità: il cofano della bara del re fu realizzato con legno di noce ricavato dagli alberi del parco di Villa Odescalchi Silva, residenza seregnese che si affaccia proprio su piazza Italia.

Villa Odescalchi Silva

Dopo essere appartenuta alla famiglia spagnola Manriquez de Mendoza, che nella seconda metà del XVI secolo era feudataria del borgo di Seregno, all’inizio del Seicento la villa fu comprata dalla famiglia comasca degli Odescalchi, intenzionati a usarla come residenza di campagna.

Seregno, Villa Odescalchi Silva
Il cancello di entrata della villa

Si racconta che proprio qui nacque Benedetto Odescalchi (destinato a diventare papa con il nome di Innocenzo XI), prima di essere trasferito in gran segreto di notte dal padre a Como per ricevere il battesimo. Va detto, comunque, che non ci sono documenti storici che convalidino tale leggenda.

Quel che è certo, invece, che tra il 1679 e il 1686 papa Innocenzo XI concesse diverse indulgenze a Seregno.

Seregno, centro storico: Villa Odescalchi Silva
Villa Odescalchi Silva

Non solo: nella Basilica di San Giuseppe è conservato un cero pasquale, al cui interno ci sarebbero le ceneri dei martiri delle catacombe romane, donato proprio da Benedetto Odescalchi.

Centro storico di Seregno: Palazzo Landriani Caponaghi

Attraversa piazza Italia per imboccare vicolo Sant’Ambrogio, al termine del quale dovrai girare a destra (ti ritroverai la Basilica di San Giuseppe sulla sinistra) per sbucare in piazza Martiri della Libertà. Qui sorge Palazzo Landriani Caponaghi, sede del municipio.

Seregno, centro storico: Palazzo Landriani Caponaghi
Palazzo Landriani Caponaghi

Il nome dell’edificio deriva da due delle famiglie nobili più importanti di Seregno nel Cinquecento. I Landriani, in particolare, furono banchieri, in rapporti eccellenti con la famiglia Sforza. A cavallo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, esponente di spicco della famiglia fu Ludovico Landriani, che finanziò diverse opere d’arte nella Chiesa di Sant’Ambrogio ma fu anche accusato di tre omicidi.

Illustre rappresentante dei Caponaghi, invece, fu Giovanni Giacomo da Caponago, marito di Deianira dei Medici da Seregno.

Palazzo Landriani Caponaghi fu realizzato subito dopo l’annessione della Lombardia al Regno d’Italia, quando si manifestò la necessità di una sede nuova adibita alle funzioni municipali: ultimato nel 1861, si chiama così perché fu costruito su terreni in cui erano presenti abitazioni appartenenti proprio ai Landriani e ai Caponaghi.

Il palazzo municipale di Seregno
Palazzo Landriani Caponaghi, oggi sede del municipio di Seregno

Ancora oggi sotto il portico del palazzo sono visibili due lapidi in marmo che fanno riferimento a vicende di epoca risorgimentale.

Le lapidi di Palazzo Landriani Caponaghi a Seregno
Le due lapidi all’ingresso di Palazzo Landriani Caponaghi.
La prima recita:
Inspirato da riconoscenza ammirazione ed affetto il consiglio comunale di Seregno deliberò consacrare questo ricordo inaugurato addì 14 marzo 1883 alla memoria augusta e gloriosa di Re Vittorio Emanuele II° che con fede tetragona ai disastri alle procelle divinando i nuovi destini d’Italia giurò rendere la patria indipendente libera ed una e quasi investito di missione divina sparve dai viventi quand’ebbe sciolto in Roma il santo voto e dato al Regno dopo nove secoli risorto fondamento sicuro invidiato nell’amore del popolo.
La seconda recita:
Dalla inospite Pampa agli spalti di Digione della Reggia di Napoli al romito scoglio di Caprera Giuseppe Garibaldi colla fulminea spada cogli epici ardimenti col sublime rifiuto di premi e di onori provò al mondo attonito splendere ancora di purissima luce l’antica virtù romana nella terra già nomata dei morti pugnando al grido di Italia e Vittorio Emanuele cinse di lauri immortali il risorto tricolore vessillo e scrisse il leggendario nome nella triade gloriosa dei redentori della patria. All’invitto capitano del popolo l’associazione operaia di Seregno riverente questo marmo consacra addì 14 marzo 1883

Seregno, in effetti, non fu immune alle conseguenze delle guerre di indipendenza. Il 28 marzo del 1859, per esempio, in città giunse Karl Urban, generale austriaco con 4mila uomini al seguito, in ritirata dopo la sconfitta di San Fermo.

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Gli austriaci pernottarono in città; insieme con loro c’erano tre prigionieri, accusati di essere spie garibaldine, tra cui un ragazzo di tredici anni.

Gli austriaci palesarono l’intenzione di fucilare i tre nei pressi dell’antico cimitero di Seregno, a pochi passi dall’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano.

A poco valsero le proteste di don Saverio Comelli, il parroco: Urban liberò solo il tredicenne ma fece sparare agli altri due, che per di più morirono senza conforto religioso.

La Fontana del Mangia Bagaj

In piazza Martiri della Libertà, proprio di fronte a Palazzo Landriani Caponaghi, puoi notare la Fontana del Mangia Bagaj, sulla quale svetta il simbolo della famiglia Visconti: un serpente che mangia un bambino (in brianzolo bagaj significa, appunto, “bambino”).

Seregno, centro storico: la Fontana del Mangia Bagaj
La Fontana del Mangia Bagaj

Questa fontana è una copia di un’altra fontana, in origine realizzata per il Castello di Vigevano e poi trasferita alla Collegiata di Bellinzona. A Milano ce ne sono altre due copie: una in Villa Mirabello, una nel Castello Sforzesco.

Seregno, centro storico: la Fontana del Mangiabagaj
Il serpente (o drago) mangia il bambino

Diverse sono le leggende a proposito della nascita del simbolo visconteo: si racconta, per esempio, che derivi dal drago Tarantasio, mostro che viveva nel lago Gerundo, situato nel sud della Lombardia, e che era solito mangiare i bambini, fino a che non venne sconfitto dal capostipite della famiglia Visconti.

Fontana del Mangiabagaj al Municipio di Seregno
Un dettaglio della fontana

Secondo un’altra tradizione, invece, lo stemma sarebbe stato rubato a un infedele che il Visconti aveva ucciso in occasione delle Crociate.

Seregno, centro storico: il murale dedicato a Dante Alighieri

Attraversa la piazza lasciandoti Palazzo Landriani Caponaghi alla tua destra. Giungi, così, in piazza Risorgimento: alla tua destra dai uno sguardo all’imponente murale dedicato a Dante Alighieri, opera dello street artist Neve e realizzato in occasione del 700esimo anniversario della morte del poeta.

Seregno, il murale per Dante Alighieri
Il murale con protagonista Dante Alighieri

Le crepe dorate sono un richiamo all’arte giapponese del kintsugi, che presuppone l’utilizzo di oro liquido per riparare oggetti in ceramica. La vernice che cola in basso, invece, intende evocare le nostre radici.

Seregno, centro storico: il Santuario della Madonna dei Vignoli

Ritornato in piazza Martiri della Libertà, volgi lo sguardo verso destra: all’incrocio con via XXIV Maggio puoi vedere l’affresco Omaggio alla Libertà, realizzato nel 1976 dall’artista piemontese Franco Vasconi.

Franco Vasconi, Omaggio alla Libertà
Omaggio alla Libertà di Franco Vasconi

Imbocca, dunque, via XXIV Maggio; poi gira a sinistra in via Cavour e subito a destra in largo San Vittore, proseguendo in via De Nova. Allo stop gira a destra e vedrai, di fronte a te, il Santuario della Madonna dei Vignoli.

Il Santuario dei Vignoli a Seregno
Il Santuario della Madonna dei Vignoli

Questa chiesetta fu costruita negli anni ’50 dell’Ottocento nel punto in cui era presente su un muro un’immagine della Madonna del Rosario, a cui si erano rivolti i seregnesi per essere salvati dall’epidemia di colera che nel 1855 aveva colpito il paese.

Nel 1875, in occasione dei lavori di ampliamento dell’edificio, la costruzione crollò; l’anno successivo, quindi, venne edificato un nuovo santuario, che è quello che si vede ancora oggi.

Oggi la chiesa ospita tre grandi affreschi di Luigi Maria Sabatelli: la Beata Vergine della Vigna, la Madonna del Rosario e la Madonna di Caravaggio.

Seregno, centro storico: il Santuario dei Vignoli
L’interno del Santuario dei Vignoli; l’altare maggiore accoglie l’affresco della Beata Vergine della Vigna di Luigi Maria Sabatelli

Per conoscere la storia del Santuario della Madonna dei Vignoli e ammirare le foto dei dipinti ospitati al suo interno, puoi leggere l’approfondimento che gli ho dedicato nel post qui sotto.

Il Santuario della Madonna dei Vignoli di Seregno

Seregno, centro storico: l’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano

Lasciandoti sulla destra il Santuario della Madonna dei Vignoli, imbocca via Vignoli per poi girare a destra in corso Matteotti. Vai sempre dritto e raggiungi il civico 63 per osservare il bassorilievo in gesso Il primo sbarco sulla luna, realizzata dallo scultore seregnese Giuseppe De Feo.

Il primo sbarco sulla luna di De Feo
Il primo sbarco sulla luna di Giuseppe De Feo

Lasciandoti l’opera di De Feo alle spalle, attraversa la strada e imbocca via Cavour. Dopo pochi passi vedrai, davanti a te, l’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano, al quale ho già accennato qualche riga fa.

Seregno, centro storico: l'Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano
L’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano

Risalente alla fine del XVI secolo, fu progettato forse dall’architetto locale Martino Bassi e costruito grazie al contributo economico di quel Giovanni Giacomo da Caponago di cui ti ho parlato in precedenza.

In origine la chiesa si trovava fuori dalle mura del borgo (collocate più o meno dove ora c’è l’incrocio tra via Cavour e via Matteotti), lungo la strada che conduceva verso Ponte Albiate.

All’interno si possono ammirare gli affreschi della volta absidale realizzati da Gabrio Bossi, pittore lombardo attivo nella seconda metà del Cinquecento.

Gli Evangelisti nell'Oratorio di San Rocco a Seregno
Gli Evangelisti raffigurati da Gabrio Bossi sulla volta del presbiterio dell’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano

Anche in questo caso, per farti conoscere in maniera dettagliata la storia dell’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano e i suoi dipinti, ti propongo di leggere il post dedicato.

Seregno, l’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano

Il murale I musici di Caravaggio

Per concludere la tua passeggiata a Seregno nel centro storico, dall’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano volgi lo sguardo a sinistra: potrai ammirare, sull’edificio del civico 74 di via Cavour, un grande murale che riproduce l’opera di Caravaggio I musici, realizzata dallo street artist Andrea Ravo Mattoni.

Seregno, il murale I Musici di Caravaggio
Il murale che riproduce l’opera I Musici di Caravaggio

Conosciuto anche con il titolo Concerto, il dipinto originale fu realizzato da Michelangelo Merisi nel 1597 e attualmente è conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York.

Se vuoi conoscere ancora più da vicino il centro storico di Seregno, ti consiglio di leggere il volume di Paolo Cazzaniga La Seregno storica, edito dal circolo culturale Seregn de la memoria, che si è rivelato una preziosa fonte per la stesura di questo articolo.






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