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Robbiano, Giussano

Robbiano, Giussano e i Romani in Brianza

Ti piacerebbe conoscere la storia di Robbiano di Giussano? In questo articolo ti propongo cinque sorprendenti curiosità riguardanti questa località brianzola: un viaggio a ritroso nel tempo che parte dall’epoca degli antichi Romani e si conclude nel XIX secolo, con il racconto di un’impiccagione in pubblico che suscitò enorme clamore fra gli abitanti del posto.

Robbiano, Giussano: le origini del nome

Il nome Robbiano deriva forse dalla popolazione degli Orobii o, con più probabilità, da un romano chiamato Rubius.

Sappiamo, grazie allo storico modenese Ludovico Muratori, che in un’epigrafe cristiana del 527 o del 528 trovata nella Chiesa di San Martino in Monti a Roma si faceva riferimento a un veterano romano di nome Robianus.

Quel che è certo è che molte famiglie di Romani provenienti da Milano si stanziarono in Brianza.

Non a caso, alla fine del Settecento a Robbiano furono trovati i resti di una villa romana; a breve distanza furono rinvenuti anche un sepolcro e diverse urne di serizzo, con avanzi di mosaico.

Purtroppo, però, oggi non abbiamo alcuna traccia di quel sepolcro e di quelle urne di serizzo. Giorgio Giorgetti, nel suo libro Giussano. La storia e il presente, riferisce che probabilmente quei resti sono stati usati come materiale di costruzione del muro di cinta del giardino della villa di Verano della famiglia Trotti, dopo la morte del marchese Lodovico avvenuta nel 1837.

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E non è ancora tutto: negli anni Sessanta del secolo scorso, in occasione dei lavori di ampliamento della strada tra la corte dietro la casa parrocchiale di Robbiano e la casa delle Suore di Maria Bambina, furono trovati diversi mosaici e una moneta romana probabilmente risalente all’epoca di Tiberio.

Per quanto riguarda la villa, non conosciamo il periodo preciso in cui fu costruita: c’è chi ipotizza risalga al I secolo dopo Cristo, sia perché la moneta ritrovata è di quell’epoca (Tiberio fu imperatore tra il 14 e il 37 dopo Cristo), sia perché nello stesso periodo a Valle Guidino risiedeva il console milanese Lucio Virginio Rufo e nella Brianza comasca Plinio il Giovane.

D’altro canto, il mosaico sembra essere di epoca più tarda, forse del IV secolo dopo Cristo, in quanto privo di ornati e figure simboliche: si considera un’opera relativa a un periodo in cui l’arte romana era in decadenza, e non nel pieno del suo splendore come nei primi decenni dell’impero.

La famiglia dei de Robiano

Proseguendo il nostro viaggio nella storia di Robbiano, compiamo ora un salto in avanti nel tempo per arrivare al 1052: è a quell’anno che risale la prima testimonianza storica dell’esistenza della famiglia patrizia dei Robbiani, o de Robiano, in riferimento a un certo Olderico de Robiano, prete dell’ordine dei Decumani, figlio di Arnaldo, originario di Robbiano.

Si ipotizza che la famiglia dei de Robiano avesse origini barbariche, mentre è sicuro che con il tempo essi occuparono sempre più di frequente cariche cittadine pubbliche.

Per esempio nel 1215 troviamo un Guglielmo de Robiano nel Consiglio del comune di Milano, mentre nel 1265 un Belotto de Robiano è tra i sottoscrittori del patto di alleanza tra Milano, Como, Bergamo e Lodi.

All’inizio del XV secolo spicca la vicenda di Antonio de Robiano, detto Antonino, governatore delle case di Noceto e di Resignano nella diocesi di Parma: nel 1412, insieme con molti altri milanesi, fu condannato alla confisca dei beni e all’esilio dal duca Filippo Maria Visconti, in quanto sospettato di aver partecipato alla congiura che aveva portato alla morte del duca Gian Maria.

Come molti altri nobili esponenti milanesi, anche i de Robiano ebbero una tomba nella Basilica di San Lorenzo di Milano, in corrispondenza dell’altare dei Santi Cosma e Damiano: non è noto, però, quali esponenti della famiglia siano stati sepolti.

Forse la tomba fu eretta nel 1411; si sa che fu realizzata in marmo di Gandoglia, lo stesso impiegato per la Fabbrica del Duomo: per questo è stato ipotizzato che i de Robiano che avevano ordinato il sarcofago fossero coinvolti nell’amministrazione della Fabbrica.

Nel XVI secolo, poi, una parte dei de Robiano emigrò in Belgio: qui, diversi esponenti lavorarono come finanziari ed ebbero pubblichi incarichi, al punto da ricevere il titolo di conti.

Robbiano, Giussano: le chiese del passato

Adesso torniamo indietro, alla fine del XIII secolo, quando il presbitero Goffredo da Bussero compila il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, un compendio che elenca tutte le chiese dell’arcidiocesi di Milano. Tra queste c’è la Chiesa di San Quirico di Robbiano, con un altare di Sant’Apollinare; ma c’è anche la canonica di San Giovanni apostolo (chiamata “baracia apud robianum”), la chiesa più importante di tutta la pieve di Agliate dopo quella della capopieve.

Robbiano, Giussano
La Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta di Robbiano oggi

Non è detto, comunque, che queste fossero le chiese più antiche di Robbiano. Infatti nell’agosto del 1910, in occasione degli scavi effettuati per l’allungamento del coro della parrocchia, fu scoperta una porzione di muro che – secondo l’archeologo Antonio Magni – proveniva da una chiesetta cristiana dell’VIII o del IX secolo.

Nell’agosto del 1578 Robbiano ricevette la visita pastorale di San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. 

Egli trovò la chiesa di Robbiano in condizioni precarie, priva della suppellettile necessaria al culto divino; solo la navata centrale era pavimentata, e mancava il coro.

All’epoca, Robbiano contava 140 abitanti, suddivisi in 25 nuclei familiari, distribuiti tra il centro del paese e le cascine: la Peschiera, la Cassinetta, San Giovanni in Baraggia, la cascina dei Fabrica e il molino del Crivelli.

Benché San Carlo avesse chiesto di costruire un nuovo altare e di eseguire le opere di manutenzione necessarie a migliorare la chiesa, quando nel 1606 giunse in visita pastorale il nuovo arcivescovo di Milano Federico Borromeo – cugino di Carlo – la chiesa continuava ad apparire estremamente trascurata: il presule allora ordinò che il battesimo non potesse più essere amministrato e la SS. Eucaristia non venisse più conservata fino a che la popolazione non avesse ricostruito le cappelle del battistero e dell’altare maggiore. Egli chiese anche che venisse recintato il cimitero, per evitare intrusioni di animali.

La famiglia Crivelli

Nel 1647 il feudo di Robbiano, appartenuto fino a quel momento al conte Gerolamo Balbiani, venne comprato da Tiberio Crivelli, esponente di una famiglia feudataria insediatasi a Inverigo.

Tiberio però morì prima di poter prendere possesso del feudo; questo dunque nel 1655 passò a suo figlio Flaminio, che l’anno prima era diventato marchese di Agliate e che alla morte del padre era ancora minorenne.

In quel momento a Robbiano c’erano 28 nuclei familiari (i cosiddetti fochi), di cui appena 8 formavano il nucleo centrale del paese. Non c’erano castelli o fortilizi, né vi si svolgeva il mercato. Al feudatario venivano versate 38 lire all’anno, e altre 8 erano dovute al podestà che risiedeva a Mariano.

Robbiano, la Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta
La chiesa parrocchiale di Robbiano oggi

Nel 1688 il marchese Flaminio acquistò anche San Giovanni in Baraggia, insieme con Giussano, per una somma di 45mila lire.

Nel 1718, i maggiori proprietari terrieri a Robbiano erano i Crivelli; tra i possidenti c’erano anche la Cura di Robbiano, la Cura di Briosco, l’Ospedale Maggiore di Milano e Giovan Battista Giussani.

Nel 1760, il principale proprietario terriero era il marchese Enea Crivelli; nel frattempo, all’elenco dei possidenti si era aggiunto il marchese Ludovico Mazenta con la moglie Caterina Giussani.

Nello stesso anno, la cascina di San Giovanni in Baraggia venne unita al comune di Giussano; entrambi i feudi, inoltre, vennero avocati dalla Regia Camera, poiché la loro vendita nel 1688 era avvenuta senza reale assenso; dieci anni più tardi fu Guido Mazenta a comprarli in feudo.

Robbiano, Giussano: storia di una triplice impiccagione in pubblico

Infine, vale la pena di raccontare una scena tragica a cui dovettero assistere i robbianesi il 12 maggio del 1816.

Quel giorno davanti alla chiesa parrocchiale giunsero tre condannati a morte, pronti per essere impiccati, scortati dal boia e dai suoi aiutanti con i gendarmi.

Gli sventurati erano Daniele e Dionigi Radice, di Birago, e Giuseppe Pallavicini, di Camnago. La loro colpa era stata quella di aver aggredito, di ritorno dalla festa di San Nazaro e Celso di Verano dell’anno precedente, un sacerdote a cui avevano rubato 17 lire. Una volta scoperti, erano stati processati dal Pretorio di Monza.

Quel giorno di maggio, trasportati a Robbiano, i tre si confessarono e ricevettero la comunione; poi, alle 3 del pomeriggio, dopo aver ricevuto le ultime parole di conforto vennero giustiziati in località Quattro Strade (all’incrocio tra la strada che porta da Robbiano a San Giovanni in Baraggia e quella che collega Giussano con Verano, dove in seguito sarebbe sorta la Cascina San Luigi).

I loro corpi rimasero esposti per tutto il giorno, penzolanti dalle forche; giunta sera, furono sepolti lì.

Che cosa vedere a Giussano

Robbiano è una delle frazioni di Giussano che puoi osservare durante una passeggiata in città. Se vuoi conoscere anche le altre, e più in generale scoprire che cosa vedere a Giussano, non devi far altro che leggere il post qui sotto!

Che cosa fare a Giussano: guida per turisti





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