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Lentate, la Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta

Camnago e il parroco rissoso e “indecente”

La quotidianità di Camnago fu contrassegnata, nel XVI secolo, dalla presenza di un parroco a dir poco particolare: si chiamava don Santino Conti e aveva una pessima reputazione a causa del suo carattere rissoso e delle sue abitudini ambigue, a cui nemmeno le alte gerarchie ecclesiastiche riuscirono a porre fine. Questa è la sua storia.

Il primo parroco di Camnago

Il primo parroco di Camnago fu, a metà del XVI secolo, don Santino Conti (Sanctus de Comitibus, secondo la dicitura della sua epoca): un personaggio a dir poco bizzarro e controverso.

Come viene raccontato nel volume Camnago, la memoria ritrovata di Mirco Cappelli, Riccardo Meda, Matteo Turconi Sormani e Cristina Volontè, don Conti fu parroco per circa 40 anni, tra il 1553 e il 1592.

Egli avviò l’abitudine di tenere il Chronicum, una sorta di diario in cui venivano riportati tutti gli eventi che riguardavano la vita della parrocchia: nascite, morti, matrimoni ed episodi di cronaca in generale.

Figlio di contadini, era originario della pieve di Incino, e divenne sacerdote nel 1544.

La convivenza con due ragazze

A Camnago, don Conti abitava nella casa parrocchiale insieme con un ragazzo del posto, Magno Galimberti, che prestava la propria opera come sacrestano e chierico, e con due sorelle che lavoravano come inservienti.

Quando Leonetto da Clivone – delegato dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo – giunse in visita pastorale a Camnago, il Galimberti aveva 22 anni e la più giovane delle inservienti, Caterina, appena 15.

Vetrata della chiesa di Camnago
Una delle vetrate della chiesa di Camnago: è raffigurato anche Carlo Borromeo (in basso, il terzo da sinistra)

Leonetto ritenne che la presenza delle due ragazze nella casa del parroco non potesse essere tollerata: non solo per le condizioni economiche precarie, ma soprattutto perché la convivenza con il giovane Galimberti era fonte di pettegolezzi per la popolazione del posto. Come dire: gossip cinquecentesco.

Per questo motivo, padre Leonetto ordinò a don Santino di mandare via di casa le due inservienti nel giro di pochi giorni.

Il parroco, però, non rispettò tale invito: anzi, a distanza di anni le due inservienti erano ancora al proprio posto.

Ancora più grande fu lo scandalo quando, nel 1580, il Galimberti si sposò con Caterina, e la coppia andò a vivere nella casa colonica del cortile della canonica.

Ciò era ritenuto sconveniente, infatti, perché non si poteva ammettere che in una casa parrocchiale abitassero due coniugi.

Il processo e l’arrivo di Carlo Borromeo a Camnago

Il 22 marzo del 1581, don Conti andò addirittura a processo in presenza di San Carlo Borromeo, il quale aveva previsto l’istituzione di carceri speciali all’interno del palazzo arcivescovile di Milano destinate ai parroci che non avessero rispettato le regole da lui imposte.

In occasione del processo, un testimone raccontò che il prete era solito consumare tutti i giorni i pasti nella casa di Magno e Caterina.

Don Santino, invece, ribatté che era abituato a mangiare da solo, ricevendo i pasti dai due giovani solo quando era malato.

Un mese dopo, il 21 aprile del 1581, San Carlo giunse in visita a Camnago, trovando la chiesaindecentissima tale da non presentare l’aspetto di una chiesa”.

Lentate, la Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta
La Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta oggi: molto diversa da quella descritta da San Carlo Borromeo

Egli ordinò al parroco di licenziare “il servitore, che è sposato”, entro una settimana, vietandogli di servirsene per il futuro, “pena 50 denari d’oro”.

Tuttavia le disposizioni di San Carlo caddero nel vuoto.

Nel 1582 Francesco Perlasca, Vicario di Seveso, trovò i due coniugi ancora al proprio posto, e non poté far altro che infliggere la sanzione di 50 denari al turbolento parroco.

Come non detto: ancora nel 1583 Magno e Caterina continuavano a vivere nel posto di sempre.

E non è tutto: in occasione della visita del Vicario Foraneo, fu rilevato che don Santino non aveva mai provveduto a dotarsi di un chierico.

Venne ordinato al parroco di rimediare entro sei giorni; in caso contrario gli sarebbe stata inflitta una sospensione a divinis.

Una pessima reputazione

Non bastassero tutti questi episodi, a completare il ritratto di don Santino provvedono le parole del prevosto di Seveso Aresio, che ne parlava come di una persona “rissosa ed impaziente, di poco senno, nonostante le varie multe pecuniarie che gli erano state inflitte perché si riformasse”, che “sapeva a malapena leggere e scrivere”, “soffriva di debolezza mentale” e “portava sempre l’abito talare ma assai indecente”.

La cattiva reputazione di don Santino era alquanto diffusa.

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Il 14 luglio del 1572, presso la casa parrocchiale di Solaro era stata convocata la Congregazione dei sacerdoti e chierici della pieve di Seveso.

In quella circostanza, il parroco di Camnago aveva minacciato con toni furiosi il coadiutore di Seveso, colpevole solo di aver rilevato che nella chiesa di Camnago aveva sentito cantare in modo non consono.

Dal verbale steso dal prevosto Aresio sappiamo che don Santino (nomen… non omen!) si era scagliato violentemente contro il proprio interlocutore.

Lo stesso prevosto Aresio gli aveva raccomandato di “mettersi un po’ a freno”; e don Santino, senza troppo garbo, aveva risposto che lui non era “né cavallo né mulo di portar freni”.

San Carlo Borromeo, per effetto di tali segnalazioni, si vide costretto a infliggere al parroco di Camnago “pene pecuniarie per aver tenuto sorditezze in la chiesa”, imponendogli di chiedere scusa al coadiutore di Seveso.

Secondo te don Santino si scusò mai?





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