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La tomba di Giacomo Battaglia a Carate

Giacomo Battaglia, il garibaldino di Carate Brianza

Giacomo Battaglia fu uno dei volontari dei Cacciatori delle Alpi che combatterono al fianco di Giuseppe Garibaldi durante la Seconda Guerra d’Indipendenza. Vissuto a Carate Brianza, dove la famiglia possedeva una villa, morì a soli ventotto anni nello scontro con gli austriaci di San Fermo della Battaglia. In questo articolo ti racconto la sua storia.

La tomba di Giacomo Battaglia a Carate Brianza

Nel cimitero di Carate, un cippo che passa quasi inosservato – non molto lontano dalla cappella della famiglia Cusani-Confalonieri – ospita questa epigrafe:

Giacomo
cara promessa alla Patria
per nobiltà d’animo d’ingegno
e forti studi
impugnate le armi
pel riscatto
Italiano
cadde estinto
a S. Fermo
il 27 maggio 1859
ricevendo nel feretro
la medaglia
dei Prodi

Chi è questo Giacomo a cui si riferisce l’iscrizione?

Un caratese, ovviamente. Anzi, più precisamente, un giovane di nobile famiglia milanese che era cresciuto a Carate, dove si trovava la villa patrizia in cui i suoi genitori erano soliti passare diversi mesi all’anno.

Sto parlando di Giacomo Battaglia, uno dei volontari che si arruolarono fra i Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi nel 1859, alle prime avvisaglie della Seconda Guerra di Indipendenza.

Nato a Milano nel 1831, Giacomo era figlio del nobile Giacinto, editore e uomo di lettere.

Accanto all’epigrafe di Giacomo Battaglia c’è proprio quella del padre Giacinto.

Giacinto
Egregio scrittore
nelle lettere nella storia
nell’arte dramatica
di cui propugnò
indefesso
il Risorgimento
in Italia
Ebbe carattere
intemerato leale
Inconcussa fede
nella Patria

La tomba di Giacomo Battaglia a Carate
Le epigrafi in memoria di Giacomo e Giacinto Battaglia nel cimitero di Carate

Giacinto si laureò in medicina ma non esercitò mai la professione medica; intraprese, invece, la carriera di giornalista.

Egli si riteneva un discepolo del filosofo Gian Domenico Romagnosi, che ai tempi frequentava Carate essendo ospite del commerciante Luigi Azimonti.

In ottimi rapporti con Cesare Cantù, Giacinto fondò nel dicembre del 1832 Il Barbiere di Siviglia, periodico dedicato al teatro che tre anni più tardi prese il nome di Figaro.

E Giacomo? Ancora ragazzo, prese parte alle Cinque Giornate di Milano, l’insurrezione armata del marzo del 1848 che liberò (momentaneamente) la città dal dominio austriaco.

Ad appena ventitré anni scrisse una tragedia dedicata al gentiluomo e umanista milanese Girolamo Olgiati, che nel 1476 aveva preso parte alla congiura che aveva portato all’uccisione di Galeazzo Maria Sforza e per questo era stato arrestato e condannato a morte. L’opera, dal carattere patriottico, non poté essere pubblicata a causa della censura austriaca; fu, invece, edita e rappresentata a Torino.

Giacomo fece anche parte della rivista scientifica e letteraria Il Crepuscolo diretta dal letterato e politico Carlo Tenca: ebbe l’opportunità di collaborare alla redazione di questo settimanale insieme con l’economista Carlo De Cristoforis, Carlo Cattaneo (considerato il padre del federalismo italiano) e Cesare Correnti, che aveva ricoperto la carica di segretario del Governo provvisorio lombardo dopo le Cinque Giornate.

Battaglia era “dotato di grande talento e di una solida cultura” (lo ha scritto Germano Nobili nel libro Per le antiche contrade); con Tenca, affrontò i grandi temi della giustizia sociale.

Ma, soprattutto, egli era un giovane di animo mite, come si intuisce dal contenuto di una lettera indirizzata all’amico Giulio Carcano, giornalista e patriota milanese: “Voglia il cielo che una volta conquistata la Patria ci sia lecito vivere in Essa tranquilli ed incruenti cittadini e tornare ai miti studi”.

I Cacciatori delle Alpi

Come detto, nel 1859 Giacomo – pur essendo affetto da una forte miopia – si arruolò con i Cacciatori delle Alpi in qualità di caporale.

I Cacciatori delle Alpi erano un gruppo di volontari impegnati nella campagna di liberazione della Lombardia settentrionale dall’esercito imperiale austriaco.

Della compagnia dei Cacciatori facevano parte pochi contadini e molti giovani provenienti da famiglie benestanti, animati da uno spirito combattivo molto sentito e guidati da ufficiali che per la maggior parte avevano già preso parte dalla guerra del 1848.

Battaglia, tuttavia, non riuscì mai a veder concretizzarsi il proprio desiderio, né ebbe la possibilità di vivere in un’Italia indipendente e libera.

Fu ucciso – infatti – a soli ventotto anni, il 27 maggio del 1859, in occasione dello scontro tra i garibaldini e gli austriaci nella battaglia di Vergosa (località oggi nota come San Fermo della Battaglia) che si combatté per la liberazione di Como.

Carate, la tomba di Giacomo Battaglia
La tomba di Giacomo Battaglia

Giacomo faceva parte della compagnia guidata da Carlo De Cristoforis.

Fu proprio questa compagnia (come riportato dal sito web Monumentale Diffuso della Brianza) a cominciare l’assedio, e Battaglia – colpito da una pallottola che gli perforò la fronte – fu uno dei primi a cadere; la stessa sorte toccò a De Cristoforis.  

Nonostante la morte del comandante, la compagnia di De Cristoforis continuò la battaglia alla baionetta, e fece in modo che gli austriaci abbandonassero le colline comasche per ripiegare su Monza. Magazzini, bagagli e prigionieri rimasero nelle mani dei Cacciatori: Garibaldi aveva occupato Como. I suoi uomini, pur pochi e non ben armati, con equipaggiamenti non adeguati e privi di artiglieria, erano riusciti a cacciare gli austriaci.

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Al termine dello scontro, fra i Cacciatori – che in tutto erano circa 3mila – si contarono 94 feriti (secondo altre fonti, 60) e 13 morti (commemorati ancora adesso da un monumento a loro dedicato nel paese di San Fermo).

Quella stessa sera, i compagni d’armi di Giacomo Battaglia ricavarono dal suo volto un calco in gesso (che in seguito venne fuso in bronzo e, tempo dopo, fu portato nel Museo Civico di Como).

Tremendamente dispiaciuto per la perdita, Garibaldi mandò suo figlio portare la notizia ai genitori di Giacomo a Carate.

Le spoglie del giovane, recuperate dal campo di battaglia, furono trasferite a Milano, dove a due mesi di distanza dalla morte – il 27 luglio del 1859 – si celebrò una messa funebre per ricordare lui e un altro garibaldino caduto a San Fermo, Ferdinando Cartellieri. Entrambi facevano parte della Società d’incoraggiamento di scienze, lettere ed arti: Giacomo era segretario della sezione economica-letteraria, mentre Ferdinando era segretario generale.

Il ricordo di Giacomo Battaglia a Carate Brianza

Oggi i resti di Giacomo Battaglia riposano nel cimitero di Carate, nell’antica tomba di famiglia, di fianco a quelle dei genitori.

Il cimitero di Carate Brianza
Il cimitero di Carate Brianza: qui c’è la tomba di Giacomo Battaglia

In paese è presente anche una via a lui dedicata nel rione Loghetto, quartiere sorto là dove, un tempo, c’era il feudo della famiglia Battaglia.

Villa Battaglia, che ai tempi di Giacomo si presentava come una dimora in stile ottocentesco, con una torretta belvedere in cima da cui si poteva ammirare il panorama sui colli della Brianza e, tutt’attorno, un grande parco con una proprietà rurale di fianco all’allora Villa Confalonieri (poi divenuta la clinica Zucchi, esiste ancora oggi: si può vedere in vicolo San Simpliciano, seppure modificata rispetto alla sua conformazione originale, essendo stata suddivisa in più appartamenti.

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